Solisti ed esecutori

Gen 11, 2021 | Libri

Copertina del libro Solisti ed esecutori

La musica nell’antica Roma

∼ Una ricerca approfondita su solisti e strumenti musicali ∼

FRANCESCO SCODITTI

Musicista e scrittore

Come si legge dalla quarta di copertina “Il lavoro di Francesco Scoditti offre agli studiosi di cultura antica una ricerca finalizzata all’apprendimento delle componenti musicali nella prassi dello spettacolo romano, cercando sostanzialmente di cogliere e sottolineare l’importanza, a lungo negata, da studiosi del passato, della Musica nella realtà culturale romana, attraverso l’analisi della funzione e dei suoi strumenti in diverse forme di professionalità artistiche e musicali latine”. Un libro che mancava, un documento di grande importanza per la storia di Roma antica, per la musica antica, che ha richiesto alcuni anni ed enormi sforzi di ricerca e documentazione in un settore della storia estremamente carente di  ritrovamenti sia archeologici che epigràfici, con riferimento agli strumenti musicali dell’epoca. Siamo felici di presentare questo prezioso libro sul nostro Blog, ringraziando l’autore per la sua disponibilità. Ci fa inoltre molto piacere ricordare l’amicizia che ci lega da moltissimi anni con l’autore, anni giovanili passati insieme a tanti altri amici, con quella rara felicità che sembra oggi preziosa, come le serate trascorse insieme nei Teatri; lui, nella buca dell’orchestra; chi scrive, in platea. Dopo tanti anni la Musica ci fa ritrovare.

Alla ricerca della musica perduta

Recensione a cura di Gianluca Virgilio

Francesco Scoditti, Solisti ed esecutori con sottotitolo nella cultura musicale romana, Congedo Editore, Galatina 2009, pp. 200 (n. 5 di “Istorie”, collana di Studi e Monumenti per le Scienze dell’Antichità diretta da Salvatore Alessandrì, Giovanni Laudizi e Cesare Marangio), Il testo è sicuramente utile agli appassionati di studi antichi, agli insegnanti di lettere latine e agli studenti che vogliano approfondire certi aspetti della cultura latina, i quali potranno trovarvi una sintesi accurata degli studi sulla musica antica, ed in particolar modo romana. Se è vero, come dice Maurizio Bettini della letteratura latina, che essa altro non è che un gran ramo cresciuto sul tronco della letteratura greca, ciò si può ripetere anche della musica romana, che, se non nacque, sicuramente si sviluppò sul modello di quella greca, dimostrandosi una volta di più vero il detto oraziano, secondo cui “la Grecia vinta conquistò il fiero vincitore e portò le arti nel selvatico Lazio”; anche la musica, dunque, rappresentata dalla Musa Euterpe.

Gli antichi musicisti romani Alle origini di Roma antica immaginiamoci rozzi suonatori di tibia, lo strumento a fiato, più simile a un moderno oboe che a un flauto, che accompagnavano qualsiasi forma di manifestazione pubblica, o suonatori di lituus, strumento di bronzo a canna cilindrica con tipica forma a J, o di cornu circolare, o ancora di tuba, la tromba di varia lunghezza: strumenti, questi, provenienti dal mondo etrusco, che i Romani utilizzavano nelle attività militari e in altre occasioni della vita sociale. Poi venne la conquista della Macedonia del 167 a.C. e la vittoria di Corinto del 146 a.C. e, dunque, la penetrazione massiccia della cultura greca nel mondo romano. Cominciarono a vedersi le prime psaltriae (suonatrici di strumento a corde), le fidicinae (arpiste), tibicinae (flautiste), musiciste-prostitute, intrattenitrici dei banchetti lussuriosi del soldato romano vincitore, sorta di escort antiche con qualche dote in più rispetto alle moderne, suppongo. Infine, scrive Scoditti, “lentamente certi pregiudizi furono superati”, e la musica finì coll’“esaltare la femminilità coi suoi elementi di fascino e di seduzione” (p. 20), tanto da diventare elemento non secondario nell’educazione della fanciulla di buona famiglia. La strada, insomma, era aperta, e la musica non tardò ad affermarsi come principale componente di ogni spettacolo teatrale. Rivivono nella pagina dello studioso personaggi dell’antica scena musicale: il citaredo Nicocle, “uno straordinario musicista tarantino” (p. 35) della prima metà del III secolo a.C., Andronico, altro greco di Taranto, al cui nome è anche legato l’inizio della letteratura latina, “un esempio di solista e virtuoso greco”, sotto la cui guida è probabile che si sia formata “la prima associazione romana di artisti scenici” (p. 42), Marcipor, collaboratore di Plauto, schiavo di Oppio, e Flaccus, servo di Claudio e collaboratore dei Terenzio, e altri. Sono i pionieri della musica romana, i mediatori in Roma della musica greca e della Magna Grecia, precursori di quell’arte molto raffinata di cui fu testimone in piena epoca repubblicana Cicerone, quando l’esecutore doveva essere dotato di “un’ottima capacità mnemonica (non esistono testimonianze, letterarie o iconografiche, di spartiti sulla scena)” (p. 59), tanto da diventare “più importante degli stessi attori” (p. 60). Anche così si spiega forse la decadenza del teatro latino.

La musica nell’età imperiale In effetti, in età imperiale, si afferma un altro tipo di spettacolo: il pantomimo. Esso è basato sulla “fusione di generi diversi (danza, musica, rappresentazione teatrale), e s’ispirava a grandi temi di carattere mitologico o a soggetti epici noti a tutti e svolti talvolta con precisione di particolari lubrici” (p. 73). Qui la musica spadroneggia e, separandosi dalla danza e dal canto, acquista in autonomia. “Tutto si organizza, scrive Scoditti, intorno alla forza espressiva della musica e ai gesti dell’unico attore-danzatore…” (p. 78). Dobbiamo però pensare ad una scena molto ricca, in cui, secondo la testimonianza di Luciano, un eterogeneo gruppo di esecutori, soprattutto strumentisti a fiato, spesso con strumenti di grande mole e di raffinata fattura, opera insieme al coro, sotto la direzione di un praepositus symphoniacorum o magister, un direttore d’orchestra. Anche qui rivivono i virtuosi dell’epoca: Aléxandros, celebre virtuoso d’arpa triangolare, il citaredo Mesomede, Anaxénor, un famoso citaredo proveniente dalla ricca provincia d’Asia, il citaredo Terpno, che insegnava musica a Nerone, il successore Menecrate, ecc.; tutti artisti che venivano pagati profumatamente dai nobili e dagli imperatori dell’epoca, ricevendo anche consensi e riconoscimenti entusiastici “a consacrazione del loro successo e soprattutto dopo le vittorie riportate negli agoni musicali” (p. 108). Denaro e statue, come moderne star, ma anche fischi, insulti e sberleffi quando l’esecuzione non convinceva il pubblico.“Gli spettatori romani erano senza pietà nei riguardi di un mediocre citaredo (p. 114): addirittura, secondo il racconto di Luciano, il citaredo Evanghelos di Taranto “fu frustato per la sua disastrosa esibizione” (p. 131). Il che attesta il grado sopraffino di conoscenza musicale che il pubblico possedeva; di qui anche l’importanza ideologica della musica soprattutto in età imperiale. “Il citaredo professionista, scrive Scoditti, non era solo un semplice cantante esecutore, ma si faceva portatore di una serie di “superiori” contenuti ideologici e religiosi che, in definitiva, servivano a legittimare il suo successo” (p. 130). Egli era, doveva essere, l’immagine stessa di Phoebo o Apollo, in lui il pubblico doveva vedere il dio (il cui attributo era appunto la cetra), l’incarnazione degli ideali di razionalità e delle virtù pacificatrici della nuova era inaugurata da Augusto. Ottime queste pagine di Scoditti (pp. 130-139), nelle quali la distinzione tra due realtà musicali, quella rappresentata dagli strumenti a corda (la cetra-lira) e quella rappresentata dagli strumenti a fiato (gli auloi), diventa antitesi ideologica tra due diverse visioni culturali, la prima incarnando la civiltà romana, la seconda la barbarie orientale. Risulta a questo punto chiaro perché non pochi imperatori, primo tra tutti Nerone, ebbero a cuore la musica, e addirittura ricercarono il primato negli agoni musicali che si svolgevano anche a Roma (e la Roma imperiale era il centro principale della musica antica). E diventa chiaro anche perché la cetra romana sparisca per sempre dalla letteratura e dalla iconografia cristiana medievale. Finita la civiltà pagana, scompare anche lo strumento che ne aveva scandito il ritmo musicale, la sua per così dire colonna sonora.

La partitura del Carmen saeculare di Orazio Scoditti analizza con acribia di filologo le testimonianze letterarie, alla ricerca di indizi che possano portar luce sul mondo scomparso della musica romana antica. Il fine, a cui lo stesso studioso non riconosce alcun valore scientifico, è avvicinarsi quanto più è possibile ai veri caratteri stilistico-musicali dello strumentista antico. Ma come fare, se non ci è rimasta “una sola nota riferita alla produzione musicale romana” (p. 178) Lo studioso azzarda lo stesso un tentativo, musicando il Carmen saeculare di Orazio, sulla base degli indizi ricavati nella sua lunga ricerca; e questo gli sembra il miglior modo per concludere il lavoro. Ma qui la ricerca filologica lascia il campo alle congetture e, dunque, all’incerto della ricostruzione storica. E forse è un bene che il bel libro di Scoditti finisca così, come ogni ricerca autentica, in un tentativo di approssimazione al vero. Se davvero potessimo riascoltare la musica antica tal quale essa fu duemila anni fa e più, allora penso che non solo avremmo vinto “la guerra illustre contro il Tempo” di manzoniana memoria, ma anche avremmo ottenuto molto di più, risuscitato gli antichi e sconfitto la morte.

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SOLISTI ED ESECUTORI

Dal Sommario

Capitolo I . Profilo generale

Capitolo II . Gli antichi esecutori: dall’Ellenismo a Plauto

Capitolo III . Un solista del palcoscenico

Capitolo IV . Spettacoli ed esecutori nella Roma Imperiale

Capitolo V . Problemi d’interpretazione nella cultura musicale romana

Conclusioni . Un esempio di musica romana: riflessioni sul Carmen Saeculare di Orazio

Bobliografia

Dal Profilo Generale

[…] È sintomatico il fatto che nelle rappresentazioni di liturgie sacrificali romane del I secolo a.C. si assiste con sempre maggiore frequenza all’accoppiamento timbrico di uno strumento a corda con la tibia, anche se è difficile comprendere se uno dei due avesse compiti solistici. Le immagini attestano la piena affermazione delle nuovi combinazioni timbriche: nelle cerimonie sacre la lira appare con una certa frequenza, come nel caso dell’ara di Dominio Enobarbo (Roma, Museo della Civiltà Romana), scolpita intorno all’anno 100 a.C., in cui si nota l’immagine di un fidicen (suonatore di lira) sulla sinistra, in coppia con un tibicen, vestiti entrambi con la toga romana. Per la prima volta cogliamo un “lirista” che insieme al tibicen accompagna un canto di preghiera collegato a un inno sacrificale; il solista è un giovane camillus, situato di profilo, alla sinistra del dio Marte e rappresentato con la bocca aperta nell’atto del cantare.

Francesco Scoditti

Francesco Scoditti, nato a Bari, si è diplomato in Flauto traverso presso il Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari e per anni ha svolto un’intensa attività come componente di numerosi gruppi da camera e di tutte le più importanti formazioni orchestrali pugliesi. Laureato in Lettere Moderne con il massimo dei voti, ha collaborato sin dal 1999 con la rivista di cultura musicale e di spettacolo “Contrappunti”, per la quale ha scritto recensioni e articoli di saggistica musicale. È stato invitato a tenere conferenze su argomenti della storia musicale italiana, nonché a curare le guide all’ascolto per molte Associazioni Concertistiche della provincia di Bari.

Nel 2005 ha pubblicato per la collana “Saggistica” della casa editrice Aracne il libro “Figure musicali. Incontri con musicisti: da Palestrina a Berio”; nel 2009 ha pubblicato per Congedo editore il testo “Solisti ed esecutori nella cultura musicale romana” e infine nel 2010, sempre per la casa editrice Aracne, il glossario “Musicae Latinae Glossarium”. È Dottore di Ricerca presso l’Università del Salento in “Civiltà greco-romana” con una tesi sulla cultura musicale romana.

Negli anni accademici 2007/2008 e 2008/2009 ha tenuto presso l’Università Aldo Moro di Bari i corsi propedeutici di lingua latina per i corsi di laurea in Scienze dei Beni Culturali e nell’ambito dei curricula di Cultura letteraria moderna e contemporanea. Come componente dell’Associazione internazionale MOISA (International Society for the study of Greek and Roman Music and its cultural heritage), è stato invitato a tenere relazioni sulla musica greco-romana in occasione degli incontri annuali della stessa Associazione.

Nel 2010 è stato invitato a produrre per la prestigiosa enciclopedia “La Grande Storia”, pubblicata dal “Corriere della Sera” e diretta da Umberto Eco, nell’ambito della sezione “Antichità”, due saggi sulla cultura e la pratica musicale nell’antica Roma. Ha inoltre prodotto alcuni importanti ed innovativi lavori sui rapporti fra la musica e gli autori latini (Orazio, Ovidio, Plauto, Marziano Capella) pubblicati dalle riviste di filologia classica Paideia, Classica et Christiana, Invigilata Lucernis e Il giardino delle Muse. Si è inoltre interessato a problemi di iconografia musicale, invitato a tenere relazioni sui rapporti fra musica e monete nei Congressi Nazionali di Numismatica. Ha collaborato con il Dipartimento di Studi Classici e Cristiani dell’Università di Bari e attualmente scrive per la rivista “Pentagrammi”.

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INFORMAZIONI UTILI


Titolo
Solisti ed esecutori nella cultura musicale romana

Editore
Congedo Editore

Anno
2009

Pagine
199

Collana
Studi e Monumenti per le Scienze dell’Antichità

Patrocinio
Università del Salento – Dipartimento di scienze dell’antichità

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