La musica raccontata da Louise Marie

Louise Marie
Capo dipartimento di Musicologia
Bach Archiv di Lipsia
Premessa alla XXV puntata di martedì 18 Maggio 2021
Dagli inferi dell’oblio alla resurrezione nella gloria del capolavoro assoluto: con questa parabola di sapore mistico potrebbe sintetizzarsi il percorso secolare che separa la prima esecuzione della Passione secondo Matteo di Bach, dalla sua ripresa, a Berlino, in un selezione curata e diretta da Mendelssohn Parabola di certo non fuori luogo, visto l’argomento che il capolavoro di Bach, impregnato di ardore devozionale, affronta e illumina, facendo risplendere il genio dell’autore nel servizio di una pratica liturgica, centrale nella vita di fede luterana, ma, in senso lato, nella vita di fede cristiana – la riflessione sulla passione del Cristo.
Proprio per questa sua connotazione, che possiamo definire “religiosa”, può forse spiegarsi l’inferno dell’oblio in cui la Passione secondo Matteo è caduta dopo le sue prime rappresentazioni: se da un lato il genere dell’oratorio, in cui può inquadrarsi sommariamente la Passione di Bach, virava verso soluzioni compositive e tematiche profane, fino ad arrivare a rappresentazioni semisceniche che sempre più si inspiravano all’Opera, dall’altro anche la musica liturgica protestante si evolveva, dopo decenni di coesistenza con le musiche, le forme, i testi della tradizione cattolica, cercando una sua propria originalità. Questo insieme di fattori, unito al generalizzato mutamento del gusto del “pubblico” – se La Passione secondo Matteo di Bach rinasce a nuova vita solo quando Mendelssohn la ripropone, in alcune sue parti, in un concerto a Berlino nel 1829: l’emergente clima romantico meglio si prestava a riprendere i contatti con il trascendente, e non è sicuramente per caso che proprio in quegli anni il lavoro di Bach, a partire dalla Passione, abbia cominciato ad essere rivalutato, studiato, ascoltato.
Le finalità originarie della composizione, tuttavia, non subirono la stessa rivalutazione della musica in sé: rigettate durante l’Illuminismo, parzialmente comprese così può chiamarsi l’assemblea liturgica, cui primariamente era destinato l’ascolto della Passione – ha fatto sì che rapidamente tale monumentale composizione venisse dimenticata; aiutava un siffatto, ingrato destino anche una certa corrente di pensiero critico musicale settecentesco, che vedeva la musica di Bach troppo “difficile”, lontana dallo spontaneo fluire della melodia che prendeva piede nel corso del ‘700. Si spiegano così le critiche di musicisti/critici come Scheibe, che vedeva nella complessa e profonda architettura del contrappunto bachiano qualcosa di ampolloso e artificioso, un’enorme massa inestricabile di complicate armonie e poco orecchiabili melodie, che non servivano certo a riprodurre naturalezza e buon gusto: la polifonia bachiana, con la sua costruzione ardita e rigorosa, stava semplicemente passando di moda, complice un mutato senso religioso che cominciava a separare – e quindi a non vedere necessaria – un simile ausilio per le proprie cerimonie e liturgie.

Autografo della prima pagina della Passione secondo Matteo di J.S.Bach
La Passione costituisce il risultato più maturo della riforma luterana attuata sul piano musicale: la centralità della Parola e della meditazione – a portata di chiunque, non prerogativa esclusiva degli ecclesiastici – e l’utilizzo dei corali come forma di partecipazione dell’assemblea tutta dei fedeli, che nella concezione luterana dovevano essere parte attiva nelle funzioni, e non relegati ad ascoltare, come in un “concerto” di cui capivano ben poco (i riti cattolici rimanevano in latino, lingua sempre più sconosciuta al popolo), tenuto da musici professionisti, separati, anche nella disposizione spaziale delle chiese, dall’assemblea e dai celebranti.
Può dirsi, l’intero lavoro della Passione, un’immensa, certosina, virtuosistica opera di sbalzo, che lavorando di finissimo cesello sui numeri che interpolano il Vangelo di Matteo, mettono in risalto quest’ultimo, facendone il vero motore dell’azione – e il vero centro emozionale di tutta la composizione; per Bach, ciò che doveva restare, nella mente e nell’animo dei fedeli (prima che degli ascoltatori), era il Vangelo: ciò che doveva essere trasmesso, e per il quale la musica era stata composta, era la riflessione sulla Parola. Come un orafo abilissimo, (in una dimensione romantica, spesso priva di afflati mistici) nei decenni successivi, e definitivamente rimosse con la secolarizzazione del Novecento, tali finalità sono rimaste ai margini dello studio dell’opera bachiana: da una parte, questa “rimozione” è stata utile a rivelare in tutta la sua intrinseca bellezza la musica bachiana, tuttavia dall’altra essa può costituire un limite alla comprensione, approfondimento e fruizione stessa della musica.
Bach si muove con una sapienza che domina la materia musicale, ed esplorando le infinite possibilità di tutto il campo sonoro, percorre l’infinito spazio del silenzio amoroso del Dio redentore. Così, la musica di Bach si fa eco dell’amore di Dio, e rimbalza nel cuore dell’uomo che comincia a rispondere (contrappunto, controcanto) agli atti di Cristo.
Louise Marie
LOUISE MARIE
Biografia

Pianista, organista, musicologo e produttrice radiofonica, Si laurea in Pianoforte principale presso la Hochschule fuer Musik und Theater di Lipsia con il M° Jacques Ammon e in organo principale e composizione organistica con il massimo dei voti e la lode con il M° Theo Flury specializzandosi nel repertorio organistico romantico - contemporaneo, a Roma presso il conservatorio di Musica “S.Cecilia” in Musica da Camera con il M° Marco Lenzi e in Musicologia con il M° Lucia Bonifaci e si specializza con Andràs Schiff sull’opera per tastiera di J.S. Bach. In questo periodo, data la sua spiccata predisposizione per l’ interpretazione delle opere pianistiche di W. A. Mozart e di F. J. Haydn, viene invitata come interprete solista nelle stagioni concertistiche dell’ Accademia Filarmonica Romana, dove riscuote un ottimo successo di critica [...]
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